Un po’ di chiarezza sui termini della medicina “non ufficiale”
Nell’ambito delle cosiddette “medicine naturali” l’usuale impiego della terminologia non sempre è conciliabile con il reale significato che dovrebbe esprimere; d’altro canto, la spasmodica ricerca di definizioni precise risulta spesso essere macchinosa e forzata. L’ambito di cui si parla, che non ha ancora una normativa ben definita, è indifferentemente battezzato in molte maniere, alcune delle quali sottolineano la “trasgressione”, altre l’aspetto folkloristico, altre ancora sottendono un significato non ben dichiarato: Medicine non Convenzionali, Medicina Naturale, Psicosomatica, Alternativa, Complementare, Dolce, Popolare, Antica, Biologica, Ecologica, Olistica, Non Violenta e così via. In ogni caso, tutto sta a caratterizzare un insieme di tecniche “derivate” da principi che si rifanno alla natura, atte al raggiungimento del benessere e per la prevenzione e il trattamento delle malattie; il tutto con fondamenti applicabili senza l’ausilio di sostanze sintetizzate chimicamente o di procedure invasive. Spesso, però, si associa erroneamente a queste definizioni, la caratteristica della NON PERICOLOSITÁ. Ma se pensassimo a quante piante velenose la natura ci offre, agli oli essenziali che diventano tossici se assunti per bocca, alle piante controindicate se utilizzate insieme ad alcuni farmaci, ai massaggi effettuati con poca perizia,… NATURALE non è sempre sinonimo di SALUTARE e non solo nello stabilire i confini tra l’efficace ed il dannoso, ma anche sulla competenza (e sulla coscienza) dell’operatore che ne fa uso. La definizione di “medicina alternativa” è, a mio avviso, inadatta, in quanto rigida e categorica rispetto alla netta separazione tra ciò che vuole definire e la medicina ufficiale. Ciò che è alternativo è qualcosa che si contrappone a qualcos’altro; nella fattispecie, sarebbe come porre la medicina ufficiale su una pianeta e “il resto” su un altro: o sbarchi sul primo o sul secondo. É più appropriato, allora, parlare di Medicina Complementare (o, per noi infermieri, di Cure Complementari), riferendoci a ciò a cui la persona ricorre “accanto” o, meglio, “in integrazione” alla terapia che il medico reputa più idonea al caso, non dimenticandosi di coinvolgerlo nella scelta. La convinzione cieca dell’efficacia di alcune tecniche olistiche, della fitoterapia, della floriterapia o di altro, non deve significare buttare alle ortiche decenni di ricerca e pratica medica che hanno salvato migliaia di vite umane. L’opinione del medico deve rimanere comunque il primo passo ogni qualvolta la persona riscontra problemi di salute; poi si può eventualmente scegliere!
In realtà, come si può ben intendere, non esiste una differenziazione tra le metodologie alternative e quelle complementari. Anzi, il contenuto è lo stesso. L’appartenenza all’una o all’altra categoria, dipende solo dall’operatore che le utilizza e da come le propone alle persone che a lui si rivolgono; è assolutamente vitale diffidare da chi propone rimedi miracolosi per le più svariate affezioni!
Continuando l’excursus sul vocabolario, l’aggettivo “Non Convenzionale” applicato alla medicina, designa quelle pratiche che non rientrano nella scienza medica ufficiale. Pur essendo relativamente semplice dare una definizione al termine, è alquanto incerto stabilirne il contenuto! Quelle “tecniche curative” che si considerano oggi al di fuori della convenzionalità, potranno invece esservi comprese tra qualche tempo; oppure, lo sono già in alcune aree geografiche o per certe culture e sistemi sanitari. Basti pensare alle differenze tra la nostra medicina ortodossa e quella orientale (che, ovviamente, risulta ufficiale laddove ne vengono ammessi e sostenuti i principi!). Ciò fa sì che non sia sempre preciso parlare di “medicine non convenzionali”.
Per entrare in un ambito così diverso da quello a cui siamo abituati, è necessario, per certi versi, “lasciare andare” la nostra minuziosa analiticità e vedere tutto calato in uno spazio più ampio: la vita della persona, la sua storia, la sua personalità, il suo stato sociale, i suoi gusti e così via. Tutto prende non una forma differente, ma più allargata, più aderente all’individuo. Il senso di incertezza che ci può inizialmente pervadere è compatibile con la disabitudine a “vedere oltre”, ma le indicazioni messe in rilievo per l’interpretazione del disagio in un’ottica “più ricca”, sono più reali perché l’attenzione è centrata sulla totalità del soggetto… ma noi infermieri siamo capaci di tutto questo!
Diego BRAMBILLA
Infermiere Libero Professionista naturopata, floriterapeuta e Reiki Master,
Docente Corsi Elettivi CdL in Infermieristica – Università di
Milano, polo universitario S. Paolo
Docente Corsi E.C.M. – A.O. S. Paolo, Milano